Conversione e letteratura

La cultura italiana è una delle culture più complesse ma al tempo stesso profonde di qualunque altra cultura nazionale e trovare dei punti di unione nel complesso mosaico che la compone è arduo. Però salta subito alla mente uno dei più grandi capolavori mai prodotti dalla nostra letteratura: "I Promessi Sposi".

Questa maestosa opera sarà il nostro compagno di viaggio in questo post dove vedremo come il termine Convertire, ormai quasi utilizzato solamente in linguaggi tecnici, è stato ai tempi uno dei temi portanti di una delle opere più importanti della letteratura italiana.

L'intento del post però non quello di studiare ed analizzare questo complesso tema, ma voglio tentare di mostrare come le parole, i verbi, le idee e i concetti possano trascendere gli ambiti di applicazione e nel corso della storia indossare abiti moto diversi. In questo preciso nella letteratura

Tra tutti gli episodi in cui la maestosa opera fa cenno alla conversione ho scelto quello dell'Innominato. Infatti risfogliando i miei vecchi appunti mi sono subito ricordato di questa figura misteriosa che ai tempi dei miei studi mi aveva sempre affascinato e in onoro di ciò ho deciso di dedicarvi questo post.

Credo che parole più eloquenti che quelle di Alessandro Manzoni per descrivere questo episodio non esistano. [è qui presentato un estratto rielaborato dal XXIII capitolo de "I Promessi Sposi" dalla versione integrale presente in questa pagina.]

Appena introdotto l’innominato, Federigo gli andò incontro, con un volto premuroso e sereno, e con le braccia aperte, come a una persona desiderata. […] 
“Che preziosa visita è questa!”
“Da me, voi! Sapete chi sono? V’hanno detto bene il mio nome?”
“E che?” riprese affettuosamente, Federigo: “voi avete una buona nuova da darmi, e me la fate tanto sospirare?”
“Una buona nuova, io? Ho l’inferno nel cuore; e vi darò una buona nuova? Ditemi voi, se lo sapete, qual è questa buona nuova che aspettate da un par mio.”
“Che Dio v’ha toccato il cuore, e vuol farvi suo,” rispose pacatamente il cardinale.
“Dio! Dio! Dio! Se lo vedessi! Se lo sentissi! Dov’è questo Dio?”
“Voi me lo domandate? voi? E chi più di voi l’ha vicino? Non ve lo sentite in cuore, che v’opprime, che v’agita, che non vi lascia stare, e nello stesso tempo v’attira, vi fa presentire una speranza di quiete, di consolazione, d’una consolazione che sarà piena, immensa, subito che voi lo riconosciate, lo confessiate, l’imploriate?”
“Oh, certo! ho qui qualche cosa che m’opprime, che mi rode! Ma Dio! Se c’è questo Dio, se è quello che dicono, cosa volete che faccia di me?”
[…]
Cosa può Dio far di voi? E perdonarvi? e farvi salvo? e compire in voi l’opera della redenzione? Non son cose magnifiche e degne di Lui? Oh pensate! se io omiciattolo, io miserabile, e pur così pieno di me stesso, io qual mi sono, mi struggo ora tanto della vostra salute, che per essa darei con gaudio (Egli m’è testimonio) questi pochi giorni che mi rimangono; oh pensate! quanta, quale debba essere la carità di Colui che m’infonde questa così imperfetta, ma così viva; come vi ami, come vi voglia Quello che mi comanda e m’ispira un amore per voi che mi divora!”
A misura che queste parole uscivan dal suo labbro, il volto, lo sguardo, ogni moto ne spirava il senso. La faccia del suo ascoltatore, di stravolta e convulsa, si fece da principio attonita e intenta; poi si compose a una commozione più profonda e meno angosciosa; i suoi occhi, che dall’infanzia più non conoscevan le lacrime, si gonfiarono; quando le parole furon cessate, si coprì il viso con le mani, e diede in un dirotto pianto, che fu come l’ultima e più chiara risposta.

E' ora evidente la presenza del tema della conversione in questo capolavoro, non è ovviamente l'unico episodio e non è nemmeno esaustivo nei riguardi questo enorme tema, ma come detto prima l'intenzione era solo quella di mostrarne la presenza.

Borromeo e l'Innominato
G. Mantegazza

Per approfondire:


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